sabato 17 novembre 2012

Benefici di una pedalata quotidiana, inquinamento e ciclabilità urbana

Premessa

Morire investiti è una tragedia. Quando si è giovani, con ancora una lunga aspettativa di vita, la tragedia è ancora maggiore.  Quando poi accade non per fatalità, ma per sprezzo delle regole di una società civile, allora alla tragedia si aggiunge una rabbia incontenibile, con le immagini della giovanissima vittima che non si cancellano dalla nostra memoria.
Questo blog ha sempre e solo trattato temi scientifici di cardiologia rivolti al pubblico, pertanto chi mi legge sa di non trovare riferimenti alla cronaca recente, né alla politica né al costume.
Ma questa volta, dopo un ragazzino finito sotto un tram un anno addietro e una giovanissima ragazza assassinata da un automobilista criminale, devo fare un’eccezione perché penso che ogni cittadino che si definisca tale, dotato pertanto di una coscienza civile, debba dare un segnale. Io non sono né un politico né un amministratore né un giornalista; sono un medico, pertanto vi esporrò alcuni dati tratti da studi scientifici sui benefici dell’attività fisica quotidiana (nella fattispecie, tragitto casa-lavoro in bicicletta).
Alcune considerazioni preliminari: gli italiani all’estero non sono certo famosi per il rispetto delle regole, lo so, lo vedo, lo percepisco quando parlo con i miei colleghi stranieri. Sono stato spesso nelle principali capitali europee, e al rientro in Italia, ho provato vergogna per molte cose che sono sotto gli occhi di tutti. Chiunque potrebbe dire che l’Italia è unica, patrimonio artistico, cultura, archeologia millenaria….. ma le cose che fanno di un Paese un posto “bello” per viverci sono altre: dalle tasse pagate da tutti alle strisce pedonali sacre, da una classe politica fatta di galantuomini alla certezza della giusta pena per i criminali e gli assassini a piede libero (vedi sopra), e così via.
Se queste sono le premesse, l’Italia non poteva certo essere all’avanguardia in tema di traffico e mobilità urbana cosiddetta “sostenibile”, visto che 1) tranne eccezioni la volontà politica locale di affrontare drasticamente tali temi è sempre mancata (vedi piste ciclabili tirate con la riga per terra, tanto per dire che son state fatte); 2) è parimenti mancata la volontà politica nazionale (vedasi codice della strada concepito per le auto, che in merito a regole non distingue tra veicolo motorizzato e a pedali: un senso unico ha una logica per le auto, ma è inutile per una bici; lo stop per l’auto deve differire da quello della ciclabile, come infatti è all’estero, con lo stop delle ciclabili davanti a quello per le auto).
Sarebbe fin troppo facile citare l’Olanda tutta (non solo le città), ove inviterei i nostri amministratori a recarsi in pellegrinaggio almeno una volta, mentre emblematico rimane il caso di Londra, ove per la prima volta l’argomento “rendiamo la vita molto più facile a chi va al lavoro in bici” è stata seriamente affrontata dal sindaco, Johnson. In quanto a Parigi, Copenhagen ed in particolare Berlino, si rimane stupiti dalla capillarità delle piste ciclabili e pertanto da come vengano sfruttate da tutti, grandi anziani compresi.
Io, da cardiologo che in città si sposta quasi solo in bici (ma anche felice possessore di un’automobile per uso extraurbano) non posso affermare che il bambino finito sotto il tram sarebbe ancora vivo se in questi decenni avessimo avuto un’amministrazione lungimirante e di calibro europeo (e che pertanto avesse creato una vera rete ciclabile e una seria dissuasione all’uso dell’auto come nelle migliori capitali europee, non consentendo certo quello sconcio di parcheggio selvaggio nella via della tragedia, concausa dell’incidente), perché anche se lo penso, non è il mio mestiere sindacare di urbanistica e di traffico. Posso solo cercare di convincere chi mi legge che l’attività fisica di una pedalata casa-lavoro e viceversa, fa bene, e non solo al cuore.

I benefici dell’attività fisica

Che l’attività fisica sia da intendersi come una vera e propria medicina è cosa nota, ne ho parlato dettagliatamente nel mio libro, con particolare riguardo ai benefici sul cuore.
A ben analizzare la quantità enorme di letteratura, non è solo il cuore a beneficiare di una regolare attitivà fisica quotidiana, in quanto esistono precise evidenze scientifiche in merito a riduzione di diabete mellito tipo 2, osteoporosi, depressione, obesità, carcinoma mammario e carcinoma del retto-colon.
L’evidenza di questo dato è tale che le più importanti società scientifiche mediche americane (American Heart Association in testa) hanno pubblicato diversi documenti ove si raccomanda almeno 30 min al giorno di attività fisica moderata/intensa.
Cerchiamo però di precisare meglio questo dato di fatto, a partire sempre dal solito punto, la volontà di fare. A volte si scopre l’acqua calda, è vero, ma a guardar bene si possono ricavare informazioni preziose. Un gruppo di ricercatori di Harvard (che non è esattamente una piccola Università di provincia) ha pubblicato un recente lavoro intitolato “tempo trascorso davanti alla TV, attività fisica e predisposizione genetica all’obesità” che sembra la scoperta dell’acqua calda solo a chi lo legge con superficialità o non ha un approccio scientifico alle cose. Perché chiunque di noi direbbe “embè, muoviti che ti aiuta a dimagrire”, mentre pochi si renderebbero conto che tale studio per la prima volta documenta come una precisa predisposizione genetica all’obesità (particolari loci responsabili dell’aumento dell’adipe, già identificati sui cromosomi) possa essere contrastata da una abitudine di vita. Tra l’altro, tra tutte le attività sedentarie, pare che lo stare seduto alla TV sia particolarmente deleterio (in soggetti predisposti) per il molto basso consumo calorico e per l’introito di calorie, spesso frequente.
Pertanto, visto che la maggior parte di noi trascorre la propria giornata in ambiente lavorativo, quindi trascorre ulteriore tempo negli spostamenti casa-lavoro, una delle scelte migliori che si potrebbero fare per ottimizzare il lato salutare della propria vita potrebbe essere la bicicletta come principale mezzo di trasporto urbano o tra paesi dell’hinterland, situati a distanze “ciclabili” dal centro.
Ed ecco che arriva la puntuale obiezione: se ci fossero delle ciclabili io andrei al lavoro in bici, ma non ci sono, pertanto vado in macchina. Già, non siamo nel nord Europa. E dire che esiste, pensate, uno studio osservazionale che ha analizzato come cambiano le abitudini di un quartiere ricco e uno povero di Los Angeles, prima e dopo la costruzione di una nuova pista ciclabile, c0n interessanti risultati, sia in termini statistici che sociologici; se la risposta delle diverse etnie ci interessa poco (tematiche americane che esulano dallo scopo di questo articolo), di grande interesse è invece sapere che quando si dà la possibilità alla gente di pedalare in sicurezza, i pendolari in bici aumentano, in questo studio fino al 38% (ma per noi italiani basta andare in città quali Ferrara o Reggio Emilia).
Abbiamo quindi acquisito due punti fermi: 1-l’attività fisica fa bene; 2-se si può pedalare in sicurezza, molti sarebbero invogliati a farlo per un uso quotidiano.
Una legittima obiezione sarebbe: già, ma la città è inquinata, pertanto se pedalo respiro più veleni.

Malattie cardiovascolari e inquinamento

Quando si parla di inquinamento, il livello medio di conoscenza è spesso superficiale, si parlicchia tra un luogo comune e l’altro, e si mette nel calderone tutto, dal buco dell’ozono (ma che sarà mai?) alle flatulenze dei bovini. Ora, nessuno fa il chimico-fisico di mestiere, men che meno io, però l’argomento merita un approccio più scientifico, che potrebbe partire dalla considerazione che le auto moderne emettono gas e inquinanti di gran lunga (ripeto, di gran lunga) più contenuti rispetto a una piccola utilitaria di decenni fa.
Ciò premesso, quanti saprebbero dire che cos’è il famigerato PM10 e da dove origina? PM sta per Particulate Matter, e si intende l’insieme di microscopiche sostanze nell’aria che consideriamo inquinanti. Il 10 sta per “al di sotto di 10 micron”, infatti la pericolosità di particelle cosi piccole sta nel non poter essere bloccate dalle difese dell’apparato respiratorio. La fonte principale di PM10 è la Natura: aerosol di sale marino, erosione delle rocce, vasti incendi… ma vi è anche un importante contributo umano, con i prodotti della combustione (e quindi gas di scarico). Non appena gli americani si resero conto dei danni (tangibili) sulla salute, ne ridussero ancor di più i limiti consentiti, portando a 35 microgr/mc il vecchio limite di 65 (National Ambient Air Quality Standards NAAQS).
Tanto per rimanere nel cardiovascolare (tralascio volutamente i danni sull’apparato respiratorio come tumori, asma e bronchiti croniche), eclatanti sono stati i dati pubblicati da un gruppo di ricercatori belgi e svizzeri (The Lancet, Volume 377, Issue 9767, Pages 732 - 740, 26 February 2011), i quali si sono chiesti quali fossero i fattori scatenanti un infarto in soggetti predisposti, tra inquinamento, emozioni, pasto abbondante, attività sessuale, esercizio fisico, alcool, cocaina e marijuana; manco a dirlo, l’inquinamento si è piazzato al primo posto.
È quindi di vitale importanza una presa di coscienza di tali aspetti, che deve necessariamente portare ad una modifica (graduale, ovvio) delle abitudini quotidiane, a cominciare dal chiedersi: se anziché andare dal punto A a B in auto ci andassi in bici (o con i mezzi, ovviamente, dipende dalla situazione locale), cosa ci perdo e cosa ci guadagno?

La rivoluzione inglese

Grazie al sindaco Boris Johnson, convinto fautore dell’uso della bici come mezzo principale di trasporto in città, a Londra si è assistiti ad una graduale rivoluzione, con concreti interventi a favore della ciclabilità urbana (beati loro). Il guadagno in termini di stress e inquinamento c’è stato di sicuro, col traffico già ridotto grazie alla tassa sul traffico della precedente amministrazione (Congestion Charge), ma bisogna ancora aspettare dati più concreti per capire l’effettivo risparmio in termini di malattie e vite umane; vi sono già alcuni studi in merito, che hanno preso in esame il caso di Londra e altri nel mondo (Eur J Public Health. 2011 Cycling for transport and public health: a systematic review of the effect of the environment on cycling), i cui risultati non sono ancora ben chiari.

Conclusioni
Il tema della ciclabilità urbana, qui trattato come modo per aumentare il nostro livello di salute e benessere (che mi tocca particolarmente da vicino), ha senso solo se facente parte di interventi che possono essere quanto più ampi vogliate, ma che devono avere come denominatore comune lo scoraggiare il traffico automobilistico. Ciò non può avvenire dall’oggi al domani visto che l’auto è stata per decenni al centro delle politiche del traffico (e i risultati si vedono), con un codice della strada centrato sull’auto e quindi anacronistico e imbarazzante se paragonato all’Europa (quanto parlare a vanvera sulle bici in contromano, in Europa è la regola ovunque, con tanto di divieto di accesso per le auto e sotto il simboletto della bici con scritto “eccetto” nelle rispettive lingue… a volte siamo proprio puerili nella nostra ignoranza). Ciò detto, dovranno necessariamente arrivare dei segnali forti, altrimenti i ragazzi continueranno a morire sulle strade per colpa di assassini (che non avranno nemmeno la certezza della pena), e tutti noi continueremo a vergognarci al ritorno da un viaggio in Europa.

Oltre a ciò di cui si discute spesso sui giornali e nei comitati di quartiere (come istituire zone 30), ecco alcuni suggerimenti

  1. La costruzione di parcheggi in città invoglia all’uso dell’auto, limitare la possibilità di parcheggio ai residenti
  2. Esistono le bici da carico. Una parte delle consegne (certo, una piccola parte) di una grande città potrebbero essere fatte in questo modo, per esempio con agevolazioni fiscali
  3. Le grandi catene di supermercati potrebbero incentivare l’uso della bici offrendo un piccolo sconto sul totale della spesa a chi dimostra di arrivare in bici, offrendo un parcheggio sicuro (stalli con un serio ancoraggio antifurto): il ritorno di immagine non sarebbe trascurabile; tra l’altro esistono carrelli porta spesa per bici, pieghevoli e per nulla ingombranti
  4. A proposito di ciclabili (serie, non con la riga per terra, che possono andar bene a Copenhagen, non qui) perché non si dà la priorità alle vie ove ci sono scuole, consentendo ai ragazzi di arrivare in sicurezza?
  5. Le zone commerciali dovrebbero essere le prime ad essere ciclabilizzate, basterebbe una piccola corsia da ambo i lati, stalli sicuri a intervalli regolari e magari postazioni di bike sharing frequenti, in modo da ridurre il traffico. Vedasi a tal proposito il caso di Corso Buenos Aires, a Milano, famoso per una ristrutturazione di qualche anno addietro, con creazione di marciapiedi larghissimi come una portaerei, ma senza uno straccio di volontà politica di creare qualcosa di lontanamente ciclabile… ovvio che poi a farlo dopo costa, se si fosse fatto durante…. ma scusate, per un attimo credevo di essere in Europa…